
Esemplare di Pastore Maremmano Abruzzese
Il Pastore Maremmano Abruzzese è oggi riconosciuto dall’ENCI (Ente Nazionale della Cinofilia Italiana) e dalla FCI (Federazione Cinologica Internazionale) come un’unica razza, nonostante la lunga diatriba che per decenni ha alimentato il dibattito tra Abruzzo e Maremma.
La denominazione ufficiale è appunto “Pastore Maremmano Abruzzese”: un nome lungo, che riflette la duplice tradizione territoriale. Nel linguaggio comune, però, si è spesso accorciato in “maremmano”, complice la diffusione internazionale avviata nel Novecento con il termine inglese Maremma Sheepdog.
Lo standard del 1958
Il punto di svolta si ebbe nel 1958, quando il grande cinologo professor Giuseppe Solaro redasse lo standard di razza. Attraverso misurazioni morfometriche condotte su centinaia di soggetti provenienti da raduni in diverse regioni, Solaro dimostrò che le differenze tra i cosiddetti “maremmani” e “abruzzesi” erano variazioni di tipo, non basi sufficienti a riconoscere due razze distinte.
Da allora, il Pastore Maremmano Abruzzese è considerato un’unica entità zootecnica, pur mantenendo una certa variabilità morfologica interna, frutto della selezione in territori diversi.
Le origini antichissime
Il cane da guardiania bianco ha radici profondissime nella storia del Mediterraneo.
- 4.000 anni fa: giunse probabilmente in Italia con le popolazioni indoeuropee (gli Arii), portatori di una cultura pastorale avanzata. Queste popolazioni praticavano la transumanza, e avevano bisogno di cani forti e coraggiosi per difendere le greggi da predatori come lupi e orsi.
- Epoca romana: è attestata la presenza del canis pastoralis, un cane bianco, distinto dai cani da caccia e dai molossi da guardia. Era considerato indispensabile per la pastorizia.
- Medioevo e Rinascimento: tra il 1300 e il 1600 la penisola era frammentata in molti stati. Il Regno delle Due Sicilie, in particolare, fondò nel 1447 la Regia Dogana della Mena delle Pecore di Foggia, che regolava la transumanza e tassava il passaggio delle greggi lungo i grandi tratturi (lunghi corridoi erbosi larghi fino a 100 metri). Si trattava di una vera “industria pastorale”: le greggi potevano raggiungere anche i 40.000 capi.
- Percorsi alternativi: oltre alla transumanza ufficiale verso la Puglia, esistevano spostamenti meno istituzionalizzati verso la Toscana (Maremma grossetana e laziale) e le Marche (Anconetano). Questi percorsi erano più economici ma anche più incerti, perché gravati da balzelli locali e da rischi sanitari, come la malaria nelle pianure maremmane.
È proprio questa duplice via della transumanza ad aver favorito la presenza del cane bianco da guardiania sia in Abruzzo sia in Maremma, ma con ruoli e selezioni diversi.
Abruzzo: il cuore della razza
In Abruzzo la pastorizia non era una delle attività economiche: era l’attività centrale. Tutta l’organizzazione sociale ed economica delle comunità montane si fondava su pecore e lana.
Per questo i pastori abruzzesi avevano un approccio estremamente rigoroso alla selezione del cane:
- preferivano i maschi più imponenti, spesso scelti attraverso prove di forza e lotte notturne tra cani di diversi greggi;
- selezionavano costantemente cani bianchi, sia per motivi funzionali (facilità nel distinguerli dai lupi durante gli attacchi) sia per motivi simbolici (il bianco come colore di purezza contrapposto al nero del predatore).
Questa pressione selettiva ha dato origine al cane grande, maestoso, potente e insieme equilibrato che ancora oggi riconosciamo come Pastore Abruzzese.
Maremma e Toscana: diffusione secondaria
In Maremma e in Toscana il cane bianco arrivava insieme alle greggi transumanti. Qui, però, la selezione non era così rigorosa:
- i cani venivano talvolta incrociati con altre razze locali;
- si privilegiava anche un uso “ornamentale e di prestigio”, poiché i nobili toscani e i signorotti locali amavano possedere grandi cani bianchi a guardia delle loro proprietà;
- questo portò, talvolta, a cani meno imponenti e più lupoidi, soprattutto se allevati senza il duro contesto pastorale abruzzese.
La Toscana ha avuto un ruolo determinante nella diffusione del nome “Maremmano”: fu infatti una turista inglese, a fine Ottocento, a esportare per la prima volta un cane bianco visto in Maremma e a iscriverlo a un’esposizione londinese come Maremma Sheepdog. Da lì la denominazione si è consolidata a livello internazionale.
Il dibattito sul nome
Negli anni Cinquanta nacquero due club distinti:
- Club del Pastore Abruzzese (1950, in Abruzzo), promosso dal professor Pischedda;
- Club del Pastore Maremmano (1953, a Brescia).
Lo standard unico del 1958 pose fine alla divisione, ma la questione del nome non si è mai spenta.
- In Abruzzo, anche istituzionalmente, si è tentato più volte di rivendicare la denominazione “Pastore Abruzzese” o “Mastino Abruzzese”.
- Tuttavia, a livello ufficiale, la razza è una sola e registrata come Pastore Maremmano Abruzzese.
- Nel linguaggio comune e all’estero prevale la forma ridotta “Maremmano”, ma oggi i club italiani lavorano per mantenere la denominazione completa.
Caratteristiche zootecniche
Il Pastore Maremmano Abruzzese è un cane da guardiania rustico, adattato al lavoro in ambiente pastorale.
- Mantello: sempre bianco, talvolta con leggere sfumature avorio o macchie chiare (tollerate ma non preferite).
- Taglia: maschi 65–73 cm al garrese (35–45 kg), femmine 60–68 cm (30–40 kg).
- Morfologia: forte dimorfismo sessuale, con maschi più imponenti e massicci.
- Carattere: equilibrato, fiero, indipendente ma profondamente legato al suo gregge e al territorio.
- Funzione: difesa del bestiame da predatori (lupo, orso, cane inselvatichito) con grande efficacia, senza eccessiva aggressività verso l’uomo.
Diffusione attuale
Un tempo concentrato soprattutto nell’Italia centrale e meridionale, oggi il Pastore Maremmano Abruzzese ha conosciuto una nuova espansione:
- con il ritorno del lupo sulle Alpi e sugli Appennini settentrionali, viene sempre più utilizzato dagli allevatori come cane da protezione;
- è diffuso in tutta Europa (es. Danimarca, Olanda, Germania) e perfino in altri continenti, grazie alla sua affidabilità come cane da guardiania non eccessivamente aggressivo ma estremamente efficace;
- in Italia oggi nascono circa 1.300 cuccioli registrati all’anno, con una percentuale significativa allevata nel Nord.
Conclusione
Il Pastore Maremmano Abruzzese è un cane profondamente legato alla storia pastorale italiana.
- Il suo cuore genetico e culturale è in Abruzzo, dove nei secoli la selezione rigorosa dei pastori ha modellato il cane grande, bianco e imponente che conosciamo.
- La Maremma toscana e laziale ha contribuito alla diffusione del nome e alla sua visibilità internazionale.
- Oggi è riconosciuto come una delle più importanti razze da guardiania al mondo: rustico, fiero, ma anche equilibrato, in grado di conciliare tradizione pastorale e nuove esigenze della zootecnia moderna.
È, a tutti gli effetti, un patrimonio zootecnico e culturale italiano, erede di millenni di storia, e protagonista oggi non solo nei pascoli d’Abruzzo ma in tutta Europa.